• Omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali da parte del datore di lavoro

    Cass. pen., Sez. Un., ud. 18 gennaio 2018, dep. 7 marzo 2018, n. 10424
    Con la sentenza in commento le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state investite della seguente questione: “se, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti, l’importo complessivo superiore ad euro 10.000 annui, rilevante ai fini del raggiungimento della soglia di punibilità, debba essere individuato con riferimento alle mensilità di pagamento delle retribuzioni, ovvero a quelle di scadenza del relativo versamento contributivo”.
    Nello specifico, l’art. 2, comma 1-bis del d.l. n. 463/83 convertito in l. n. 638/83, stabilisce che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032, mentre, se l’importo è inferiore, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 mila euro. Il datore di lavoro non è tuttavia passibile di sanzione penale, ne assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.
    Inoltre, l’art. 8 d.lgs. n. 8 del 2016 stabilisce l’applicazione delle disposizioni che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto (6 febbraio 2016), sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili, nel qual caso il giudice dell’esecuzione provvede alla revoca della sentenza o del decreto penale.  
    Il successivo articolo 9 disciplina le modalità di trasmissione all’autorità amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data.
    Prima dell’intervento modificativo, l’omesso versamento era penalmente sanzionato senza contemplare la c.d. soglia di punibilità. Per tale ragione, il reato veniva qualificato come omissivo istantaneo, rispetto al quale il momento consumativo coincideva con la scadenza del termine utile concesso al datore di lavoro per il versamento. Ad ogni mensilità per la quale si verificava omissione del versamento dei contributi, corrispondeva un singolo reato.
    A seguito della modifica legislativa, sulla questione si sono registrati diversi orientamenti di legittimità.
    In particolare, con la sentenza Lanzoni, la Suprema Corte ha precisato che il legislatore nello stabilire la soglia di punibilità ne ha configurato il superamento, collegato al periodo temporale dell’anno, quale specifico elemento caratterizzante il disvalore di offensività che segna il momento di consumazione del reato.
     In altri termini, il reato deve ritenersi già perfezionato nel momento e nel mese in cui l’importo non versato, calcolato a decorrere dalla mensilità di gennaio dell’anno considerato, abbia superato i 10.000 euro. Le eventuali ulteriori omissioni che seguano nei mesi successivi dello stesso anno e fino al mese finale di dicembre, non possano dare luogo ad ulteriori reati.
    Dunque, rispetto alla precedente figura di reato, il momento consumativo è diverso. Nel precedente assetto normativo il reato si consumava in corrispondenza di ogni omesso versamento mensile, invece nell’attuale assetto la consumazione coincide con uno dei seguenti momenti: o con il superamento, a partire al mese di gennaio, dell’importo di euro 10.000 ove allo stesso non faccia più seguito alcuna ulteriore omissione; o con l’ulteriore o le ulteriori omissioni successive sempre riferite al medesimo anno; o definitivamente e comunque, laddove anche il versamento del mese di dicembre sia omesso, va considerata la data del 16 gennaio dell’anno successivo.
    Altre sentenze, invece, fanno riferimento all’anno “solare” (tra le altre: Sez. 3, n. 28046 del 29.11.2016; Sez. 3, n. 20217 del 26.10.2016) precisando che utilizzando il termine “annui”, il legislatore ha voluto riferirsi all’anno solare globalmente inteso ed alle singole omissioni di versamento commesse in quello stesso anno. Altre ancora, infine, nel considerare la soglia di punibilità, richiamano l’anno senza ulteriori specificazioni (Sez. 3, n. 14729 del 09.02.2016; Sez. 3, n. 6545 del 04.11.2016).
    Significativa, inoltre, è la natura dei contributi come individuata dalla giurisprudenza (Sez.Un., n. 27641 del 28.05.2003). È stato infatti chiarito che l’intenzione del legislatore è sostanzialmente quella di reprimere, non tanto il fatto omissivo del mancato versamento dei contributi, quanto, piuttosto, il più grave fatto commissivo dell’indebita appropriazione, da parte del datore di lavoro, di somme prelevate dalla retribuzione dei lavoratori dipendenti, con la conseguenza che l’obbligo di versare le ritenute nasce solo al momento della effettiva corresponsione della retribuzione, sulla quale le ritenute stesse debbono essere operate, non rilevando, peraltro, le vicende finanziarie dell’azienda (tra le altre: Sez. 3, n. 26712 del 14.04.2015).
    Le Sezioni Unite, dunque, tenendo ferma l’individuazione del momento consumativo del reato nei termini indicati dalla suddetta sentenza Lanzoni, hanno affermato che “in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti, l’importo complessivo superiore ad euro 10.000 annui, rilevante ai fini del raggiungimento della soglia di punibilità, deve essere individuato con riferimento alle mensilità di scadenza dei versamenti contributivi (periodo 16 gennaio- 16 dicembre, relativo alle retribuzioni corrisposte, rispettivamente, nel dicembre dell’anno precedente e nel novembre dell’anno in corso)”.

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