• Violenza o minaccia a più pubblici ufficiali: concorso formale di reati

    Cass. pen., S.U., ud. 22 febbraio 2018, dep. 24 settembre 2018, n. 40981 La questione rimessa all'esame delle Sezioni Unite riguarda la configurabilità di un unico reato o una pluralità di fattispecie criminose nel caso di resistenza ex art. 337 c.p. da parte del privato rivolta verso più pubblici ufficiali.
    Occorre preliminarmente osservare che l'art. 81, primo comma, c.p. individua la fattispecie del concorso formale di reati tanto nel caso in cui con una sola azione siano violate diverse norme di legge (c.d. concorso formale eterogeneo di reati), quanto nel caso in cui con una sola azione venga violata più volte la medesima disposizione di legge (c.d. concorso formale omogeneo di reati). Affinché si abbia concorso formale di reati, inoltre, è necessario che l'azione unica sia accompagnata dall'elemento soggettivo proprio di ciascuna fattispecie criminosa.
    In riferimento al delitto di resistenza a un pubblico ufficiale, è necessario in primo luogo esaminare la struttura della fattispecie e, attraverso essa, rinvenire l'interesse protetto dall'art. 337 c.p.
    Secondo un primo orientamento, la violenza o la minaccia adoperate nel medesimo contesto nei confronti di più pubblici ufficiali, per contrastare il compimento di un atto del loro ufficio, configura tanti reati di resistenza quanti sono i soggetti passivi coinvolti. La tesi si fonda sulla considerazione che l'azione delittuosa, pur ledendo unitariamente l'interesse del regolare funzionamento della pubblica amministrazione, si risolve in altrettante e distinte offese al libero espletamento dell'attività di ciascuno dei pubblici ufficiali incaricati del compimento dell'atto (che rappresenta l'oggetto materiale della condotta).
    Un diverso orientamento, al contrario, partendo dalla valorizzazione dell'interesse giuridico del regolare andamento della pubblica amministrazione, pone l'attenzione sull'atto che deve essere eseguito, affermando che solo l'ostacolo all'esecuzione di quest'ultimo concreterebbe la lesione dell'interesse protetto. Tale tesi, pertanto, riconosce un rilievo secondario all'aspetto dell'integrità psico-fisica del pubblico ufficiale incaricato dell'esecuzione dell'atto.
    Secondo dottrina e giurisprudenza di diritto amministrativo, l'interesse al normale funzionamento della pubblica amministrazione deve essere inteso in senso ampio in quanto in esso si ricomprende anche la sicurezza e la libertà di determinazione e di azione degli organi pubblici, mediante la protezione delle persone fisiche che singolarmente o in collegio ne esercitano le funzioni e ne adempiono i servizi.
    Per risolvere tale contrasto giurisprudenziale, dunque, bisogna partire dalla considerazione secondo la quale la condotta tipica del reato in oggetto si concreta nell'uso della violenza o della minaccia da chiunque esercitata per opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto dell'ufficio.
    L'elemento oggettivo del reato risulta tipizzato sul piano modale e teleologico essendo sanzionata ogni condotta diretta a conseguire lo scopo oppositivo indicato dalla disposizione attraverso l'utilizzo di violenza o minaccia nei confronti del soggetto passivo.
    Le Sezioni Unite hanno così affermato il principio di diritto secondo il quale in tema di resistenza a un pubblico ufficiale, ex art. 337 c.p., integra il concorso formale di reati, a norma dell'art. 81, primo comma, c.p. la condotta di chi usa violenza o minaccia per opporsi a più pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio mentre compiono un atto del loro ufficio o servizio.

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